Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, indicata anche come Elena Lucrezia Corner (Venezia, 5
giugno 1646 – Padova, 26 luglio 1684), è stata un’erudita italiana ricordata
come la prima donna a ottenere un dottorato al mondo.
Figlia di un nobile veneziano, che ne favorì
in tutti i modi l’educazione, a diciannove anni prese i voti come oblata
benedettina, proseguendo gli studi di filosofia, teologia, greco, latino,
ebraico e spagnolo.
Ormai nota agli studiosi del tempo, a partire dal 1669 fu accolta in alcune delle principali accademie dell’epoca. Quando il padre chiese che la figlia potesse laurearsi in teologia all’Università di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo si oppose duramente, in quanto riteneva “uno sproposito” che una donna potesse diventare “dottore”. Nel 1678, a 32 anni, ottenne finalmente la laurea ma gliela concessero in filosofia, non in teologia. Non poté, in quanto donna, esercitare l’insegnamento. Questo traguardo non rappresentò una spinta alla parità del diritto allo studio per le donne; si sarebbe dovuto aspettare fino al 1732 per la laurea in Italia di un’altra donna, la fisica bolognese Laura Bassi. Elena fu la quinta dei sette figli di Giovan Battista Cornaro e di Zanetta Boni. Il padre, appartenente a una delle più importanti famiglie del patriziato veneziano, ebbe con Zanetta, donna di umilissime origini, una lunga relazione, durante la quale nacquero tutti i loro figli che furono sempre legittimati alla nascita, ma la coppia si sposò soltanto nel 1654. A causa delle origini della madre, i due giovani maschi Francesco e Girolamo non poterono essere iscritti nel Libro d’oro della nobiltà fino al 1664, quando il padre ottenne il sospirato riconoscimento pagando 105.000 ducati.[ L’antica famiglia era da secoli estranea alle maggiori magistrature della Repubblica di Venezia, ma le restava il prestigio del nome, del patrimonio e della cultura. Tra i parenti di Giovan Battista spiccavano i nomi del trisnonno Alvise, celebre scrittore e mecenate, del nonno Giacomo Alvise Cornaro, uno scienziato amico di Galilei, del padre Girolamo, studioso di fisica, e dello zio Marcantonio che aveva creato un’importante biblioteca e una collezione di quadri e di strumenti scientifici. Probabilmente Giovan Battista, quando si accorse delle qualità della figlia, ne favorì in tutti i modi la crescita culturale e il successo pubblico: era infatti del tutto straordinario che a quel tempo una donna emergesse nel campo degli studi e una tale eccezione avrebbe contribuito a dare ancor più lustro al nome della famiglia. La stessa Elena sembrò esser consapevole del pur «vano compiacimento» mostrato dal padre, ma non volle deluderlo, per quanto ella non intendesse acquisire un’erudizione da sfoggiare in salotti ed accademie.
A testimonianza della sua inclinazione a
un’esistenza appartata, nel 1665 si fece oblata benedettina, una scelta che
appare un compromesso con la sua vocazione religiosa: in questo modo, pur
osservando la regola dell’Ordine, poté evitare la reclusione monastica e
frequentare quel mondo secolare nel quale trovare la libertà e i mezzi per
continuare i propri studi.[4][2]
Il padre volle assicurarle la migliore istruzione: suoi insegnanti di greco
furono fino al 1668 Giovan Battista Fabris, parroco della chiesa di San Luca, e
in seguito Alvise Gradenigo, bibliotecario della Marciana che aveva
vissuto a lungo a Candia; il canonico di San Marco Giovanni Valier le impartì
lezioni di latino. Forse fu il gesuita Carlo Maurizio Vota a
impartirle nozioni di scienze e Carlo Rinaldini, cattedratico a Pisa e poi a
Padova, la istruì nella filosofia. Apprese anche l’ebraico e lo spagnolo dal
rabbino Shemel Aboaf e la teologia da Felice Rotondi,
che divenne poi docente nello Studio di Padova.
Ormai nota tra gli studiosi italiani per la sua erudizione, la Cornaro fu
accolta nel 1669 nell’Accademia dei Ricoverati di Padova e successivamente
nelle accademie degli Infecondi di Roma, degli Intronati di Siena, degli
Erranti di Brescia e in quelle dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia. La sua
fama si estese anche all’estero: il cardinale Federico d’Assia-Darmstadt la
consultò nel 1670 su problemi di geometria solida; da Ginevra Louise de Frotté,
nipote del celebre medico Théodore de Mayerne, invitò nel 1675 Gregorio Leti a
inserire la Cornaro nella sua raccolta di biografie di personaggi celebri
L’Italia regnante; nel 1677 il cardinale Emanuele de Bouillon la fece esaminare
dai due eruditi Charles Cato de Court e Ludovic Espinay de Saint-Luc,
che ne rimasero ammirati.[6]
Dopo che la Cornaro ebbe tenuto a Venezia una pubblica disputa di filosofia in
lingua greca e latina, il padre chiese che lo Studio di Padova assegnasse alla
figlia la laurea in teologia; alla proposta si oppose il vescovo di Padova, il
cardinale Gregorio Barbarigo, la cui autorizzazione, in qualità di cancelliere
dell’Università, era vincolante. Egli sostenne che fosse «uno sproposito
dottorar una donna» e che sarebbe stato un «renderci ridicoli a tutto il
mondo».
Ne nacque un conflitto tra il cardinale e il Cornaro, che si risolse con il compromesso di farla laureare in filosofia: il 25 giugno 1678 la Cornaro sostenne la sua dissertazione e fu accolta nel Collegio dei medici e dei filosofi dello Studio padovano, benché non potesse comunque, in quanto donna, esercitare l’insegnamento. Durante gli studi aveva vissuto sempre a Venezia e si trasferì a Padova dopo la laurea andando ad abitare nel prestigioso Palazzo Cornaro – di cui fa parte l’odierno museo Loggia e Odeo Cornaro – fatto costruire dal trisnonno Alvise. Il suo fisico era ormai minato dai lunghi studi e dalle prove ascetiche a cui si era sottoposta, era spesso malata anche per lunghi periodi. A Padova proseguì a studiare con intensità, la sua salute si aggravò e morì di gangrena a soli trentotto anni il 26 luglio 1684; fu sepolta nella chiesa di Santa Giustina. Sembra che avesse disposto di distruggere tutti i suoi manoscritti e le poche carte restanti,[2] consistenti in discorsi di argomento morale e religioso e in alcune poesie, pubblicate postume.
Le sue opere si erano limitate a quattro
discorsi accademici riguardanti la religione, la politica e la morale, undici
elogi, cinque epigrammi, un acrostico, sei sonetti e un’ode, oltre alla
traduzione dallo spagnolo di un opuscolo spirituale di Giovanni Lanspergio, il
Colloquio di Cristo all’anima devota, che fu pubblicata in cinque edizioni.[2]
«Scarsissimo o nullo è il valore di tutta cotesta letteratura ascetica e
rimeria spirituale» fu il giudizio delle sue opere dato da Benedetto Croce,[8]
che la citò come esempio di un intero filone letterario minore del Seicento.
(TESTO RIPRESO DALLA LIBERA ENCICLOPEDIA WIKIPEDIA)
31 gennaio 1901, Karlsruhe, Germania 10 ottobre 1974, Roma
Non coraggiosa
I
coraggiosi sanno
Che non risorgono
Che non ricrescerà loro la carne
Nel giorno del giudizio
Che non ricorderanno più nulla
Non rivedranno nessuno
Che niente li aspetta
Nessuna beatitudine
Nessuna tortura
Io
Non sono coraggiosa
Marie Luise Kaschnitz scriverà nel
saggio Sulla Colpa, pubblicato nel 1946, una domanda, posta spesso
ai tedeschi rimasti silenti in patria e divenuta famosa:” E tu che cosa
hai fatto?”.
Quesito che potremmo porre in ogni epoca
anche oggi.
Del resto il mondo è fatto di donne e di
uomini semplici, gli eroi sono pochi ,noi come lei chiudiamo a volte le imposte
della nostra finestra invece di affrontare il sole prepotente o la pioggia
pungente, e viviamo il quotidiano con la colpa della nostra inerzia.
Fu definita “la poetessa delle
macerie“, epiteto che a tutta prima, come ha raccontato lei stessa al ritiro
del premio Büchner nel 1955, non le era piaciuto ma poi lo aveva fatto proprio,
contestualizzandolo nella sua storia umana e letteraria.
Nasce a Karlsruhe il 31 gennaio del
1901, da una famiglia aristocratica tedesca. Dimostra versatilità per le lettere
e per i libri, così nel 1921 si specializza nell’attività di libraia.
Muore a Roma il 10 ottobre del 1974
L’Iniziato
Ha mangiato dal tambourin ha bevuto dal cembalo un ragazzo accovacciato nel campo di riso che solca col dito la terra nera un ragazzo salta sopra nubi rispecchiate in qua in là sotto le nubi un ragazzo alza la sua voce e sciami di parole escono dal suo petto come stormi di uccelli. Da qualche parte in mezzo alle urlanti città io abbasso il volto scrivo.
L’imperdibile
Roma. Veduta notturna.
mura brunoazzurre
travature illuminate
e i cedri
dalle cime sghembe
contro il cielo più chiaro.
Immagini imperdibili. Così
scorreva sul Danubio la corona
di fiori settembrini
a memoria dei suicidi
fiammeggiante verso la foce. Così
cadevano le gocce intrise di luna
dal remo
quando tornavamo al porto
e cercavamo giù nel fondo
nell’acqua nerochiara
i mercanti dei morti.
Concludiamo con una poesia, in cui Marie
Luise parla della sua passione per la scrittura, con ironia, sincerità e
schiettezza, doti che hanno contraddistinto tutta la sua opera e la sua vita.
Scrivendo
Scrivendo, volevo Salvarmi l’anima. Tentai di fare versi Non funzionò. Tentai di raccontare storie Non funzionò. Non si può scrivere Per salvarsi l’anima. Lei, data per persa
13 maggio 1907, Londra, Regno Unito 19 aprile 1989, Fowey, Regno Unito
Inventa personaggi inquietanti, ambientazioni
misteriose e condisce le sue storie con un mix di romanticismo e violenza unico
nel suo genere, senza mai chiudere con un finale degno di questo nome, come se
ogni suo lavoro non dovesse mai avere fine. Come il suo rapporto d’amore con le
scogliere della Cornovaglia. Daphne du Maurier ha legato la vita reale e
la finzione in modo che, forse, neanche lei sapesse dove finiva una e iniziava
l’altra.
“Peccato che non sia una vagabonda
sulla faccia della terra”, scrisse a 21 anni nel suo diario.”Vagando in strane
città, terre straniere, spazi aperti, combattendo, bevendo, amando fisicamente.
Ed eccomi qui, solo una sciocca ragazza nascosta in un vestito, che non sa
niente di niente”.
Dame Daphne du Maurier, Lady Browning,
nacque a Londra il 13 maggio 1907, ultima di tre sorelle. I genitori, Gerald du
Maurier e Moriel Beaumont, avevano entrambi un passato di attori teatrali.
Gerald era stato anche impresario ed era figlio di George, scrittore e
fumettista, nonché fratello di Sylvia, i cui figli ispirarono il Peter Pan di
Sir James Matthew Barrie.
La scrittura diventa per Daphne una via
di fuga dall’atmosfera familiare. Incoraggiata a scrivere da una governante, la
ragazza usciva tutti i giorni per lunghe passeggiate vicino casa e camminando
ideava trame e personaggi. Nel 1925 lascia Londra per frequentare una scuola di
perfezionamento a Parigi e qui incontra una donna che cambierà la sua vita.
Daphne s’innamora, infatti, della preside della scuola, di dodici anni più
grande. Non è solo il suo primo amore, ma è anche una persona che la incoraggia
a scrivere, a coltivare un’arte e a vivere una vita segreta, che sarà poi fonte
continua d’ispirazione per i suoi libri.
A 19 anni, il fotografo Cecil Beaton la
ritrae in primo piano, con i capelli acconciati e le spalle scoperte, in una
posa fresca e giovane e allo stesso tempo sensuale. La foto viene scelta da
Penguin per la copertina del romanzo di Francis Scott Fitzgerald “Tender is the
Night”. (foto allegata)
Daphne ottiene il suo primo grande
successo. Jamaica Inn è stato anche il primo suo
romanzo a essere portato sul grande schermo.
Nel 1938 viene pubblicato Rebecca, quando
la scrittrice ha 31 anni, ed è subito un successo clamoroso, l’opera e il
personaggio con i quali verrà poi identificata e riconosciuta per tutta la
vita. Rebecca finisce per diventare la sua ossessione, un’ombra dalla quale non
riuscirà mai a liberarsi. Tanto che nel 1943 la scrittrice andò a vivere in
affitto proprio a Menabilly, rimanendoci fino al 1964, quasi come se volesse
identificarsi con l’eroina della sua storia più famosa. E’ incredibile come a volte
la vita reale e quella romanzesca si intreccino: Rebecca, infatti, nasce dopo
che Daphne scopre casualmente un fascio di lettere d’amore scritte al marito
dalla sua ex fidanzata, Jeannette Louisa Ricardo, detta Jan, una donna dai
capelli neri di straordinaria bellezza.
Nel 1941 esce Donna a bordo sempre
ambientato in Cornovaglia alla fine del XVII secolo, Daphne rivela una parte di
se stessa. La protagonista, Lady Dona Saint Columb, fugge con i figli dalle
convenzioni londinesi e dal marito per rifugiarsi nel maniero di Navron, vicino
a Helford. Qui scopre che la casa è stata occupata dal “francese”, un pirata
bretone con il quale lei si trova subito in sintonia. Dona vuole quella libertà
che sa di non poter avere, se non a prezzo di enormi sacrifici, e arriva a
vestirsi da marinaio pur di partecipare a una spedizione da pirata.
Nel 1943 esce La collina
della fame e per questo romanzo, addirittura Daphe viene
accusata di scrivere solo per soldi e per farne un adattamento cinematografico.
Cosa che puntualmente avviene nel 1947, con Margaret Lockwood, una delle
attrici britanniche più famose dell’epoca, con la scrittrice che lavora
attivamente come co-sceneggiatrice all’adattamento.
Nel 1951 esce Mia cugina
Rebecca, leggermente meno conosciuto di Rebecca, ma altrettanto
fortunato sia nel mondo letterario sia in quello cinematografico. Dal libro,
infatti, sono stati tratti due film: uno nel 1952, diretto da Henry Koster, con
Olivia De Havilland nella parte della seducente vedova Rachel. Uno intitolato
semplicemente Rachel e interpretato da Rachel Weisz.
Nel 1953 esce Gli uccelli. “Se
la storia avesse coinvolto avvoltoi o rapaci, non mi sarebbe piaciuta”, disse
Hitchcock intervistato sull’omonimo film in uscita. “L’attrazione di base per
me è che parliamo di uccelli normali e che vediamo tutti i giorni. Capisci cosa
intendo?” L’ha capito senz’altro Tippi Hedren, che per colpa sua ha avuto un
esaurimento nervoso. Il regista Alfred Hitchcock, infatti, per rendere più
credibili le scene dell’attacco dei volatili, fece davvero arrivare sul set
stormi di uccelli impazziti che assalirono la giovane attrice. In realtà,
l’aggressione degli uccelli potrebbe rappresentare, ma non è sicuro, una
metafora degli attacchi per via aerea subito da Londra durante la seconda guerra
mondiale.
Nel 1957 esce Il capro
espiatoruio.
Daphne du Maurier muore, il 19 aprile
1989. Il 16 aprile, tre giorni prima di cedere alla broncopolmonite a 81 anni,
Daphne sfida il vento e la pioggia per un’ultima nostalgica visita alla suo
adorato Menabilly. Dopo la sua morte, i figli assecondano le sue ultime
volontà e spargono le ceneri nei campi che circondano la sua ultima abitazione.
9 novembre 1928, Newton, Massachusetts, Stati Uniti 4 ottobre 1974, Weston, Massachusetts, Stati Uniti
La fierezza della femmina
Roteo,
roteo sulle labbra,
mi spogliano dell’ombra
e del fantasma del passato
forgiando uno scandire di lingue
che mi assorbe interamente.
E non vi sono stanze, lì,
né un letto.
L’orologio non batte
se non al vibrare delle mie 4000 pulsazioni,
e dove tutto era assenza
tutto è due,
due che si toccano come un coro di farfalle,
e come l’oceano,
che si protende alla terra
e arretra
e si protende
con quell’urgenza che mi galoppa
ovunque sulla pelle,
gridando agli scogli.
Mi sciolgo.
Le parole volano fuori sesto
e io, da tempo nel deserto,
bevo e bevo
e riverisco quel giardino,
il seno, il melone che alberga
e il suo fiore inebriante.
Le nostre mani che si sfiorano l’un l’altra
i capezzoli come piccole stelle marine –
per fare delle labbra avidi anelli di follia
sino a che non diventano bolle,
sono nude come petali le dita
e il mondo pulsa ondeggiando.
Innalzo il ventre a Dio,
che si sappia la verità
su come i fiori fracassano il lungo inverno.
A
Trecastelli sabato la presentazione di un volume dedicato all’universo al
femminile
Sabato 16 marzo 2019, alle ore 17.30, la Biblioteca Comunale della Città di Trecastelli, che si trova presso il Villino Romualdo, ospiterà la presentazione del volume AL FEMMINILE II edizione 2018, a cura dell’Associazione Monte Porzio Cultura. La pubblicazione mette in risalto l’universo al femminile con racconti, poesie, disegni, immagini e pensieri di autrici locali e nazionali. L’incontro sarà inoltre animato da letture e interpretazioni di scritti, cui prenderanno parte anche alcune delle autrici del libro. L’evento sarà un’occasione per indagare e riflettere sulla sfaccettata dimensione della creatività al femminile, in modo molto coinvolgente. La presentazione del volume AL FEMMINILE II edizione 2018 è promossa dal la Città di Trecastelli e dalla Biblioteca Comunale. La partecipazione all’evento è a ingresso libero.Per Informazioni: Ufficio Turistico –Villino Romualdo- Piazza Leopardi, 32 loc. Ripe – Trecastelli (Ancona); Tel. 071. 7957851 – trecastelliufficioturistico@gmail.com – www.trecastelliturismo.it
27 ottobre 1932, Jamaica Plain, Boston, Massachusetts, Stati Uniti 11 febbraio 1963, Primrose Hill, Londra, Regno Unito
Io sono
verticale (1961)
Ma preferirei essere orizzontale. Non sono un albero con radici nel suolo succhiante minerali e amore materno così da poter brillare di foglie a ogni marzo, né sono la beltà di un’aiuola ultradipinta che susciti grida di meraviglia, senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali. Confronto a me, un albero è immortale e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa: dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia. Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle, alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi. Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso. A volte io penso che mentre dormo forse assomiglio a loro nel modo più’ perfetto – con i miei pensieri andati in nebbia. Stare sdraiata è per me più’ naturale. Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio, e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre: finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
2 luglio 1923, Kórnik, Polnia 1 febbraio 2012, Cracovia, Polonia
Al mio cuore, di domenica
Ti ringrazio, cuore mio: non ciondoli, ti dai da fare senza lusinghe, senza premio, per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto. Ogni tua sistole è come spingere una barca in mare aperto per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio: volta per volta mi estrai dal tutto, separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo, el volo per cui non occorrono le ali. Ti ringrazio, cuore mio: mi sono svegliata di nuovo e benché sia domenica, giorno di riposo, sotto le costole continua il solito viavai prefestivo.